La demenza è una condizione che interessa dall’1 al 5 per cento della popolazione sopra i 65 anni di età, con una prevalenza che raddoppia poi ogni quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del 30 per cento all’età di 80 anni.
Per demenza si intende genericamente una condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta a un declino delle facoltà cognitive della persona. Le demenze infatti sono il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici, modificazioni neurochimiche e interazioni con altre malattie.
Gli studi istochimici hanno evidenziato che si manifestano anche degli ‘stati misti’, cioè delle situazioni in cui il malato presenta congiuntamente i sintomi caratteristici di più tipi di demenza. Per tentare di fare un elenco, non esaustivo, le demenze identificate più comuni sono:

  • la malattia di Alzheimer
  • il morbo di Parkinson
  • la demenza vascolare

I fattori di rischio
Il tentativo di chiarire i fattori di rischio, particolarmente intenso nel caso dell’Alzheimer, è stato piuttosto deludente negli anni. Gli unici fattori di rischio per questa malattia identificati finora sono l’età, la presenza di un caso di demenza in famiglia e alcuni fattori di predisposizione genetica.
Fattori che sembrano interagire con la predisposizione genetica sono il sesso, le infezioni da herpes, una bassa concentrazione lipidica, una storia di danni cerebrali o di ferite alla testa. Altri fattori che si stanno valutando sono una esposizione eccessiva ad anestetici, il diabete, l’alcol.
I principali fattori di rischio identificati per la malattia sono l’età, il sesso maschile, l’ipertensione, un infarto miocardico, malattie coronariche, diabete, aterosclerosi generale, fumo, alte concentrazioni di lipidi e una storia clinica di infarti. Dal punto di vista dei fattori genetici di rischio, invece, permane un notevole grado di incertezza. La sfida però è ora quella di calcolare il contributo di ciascun fattore di rischio e la sua interazione con gli altri.

Trattamento
Non esiste ancora una modalità di trattamento efficace delle forme di demenza.
Nella maggior parte dei casi, i trattamenti, che si basano soprattutto sull’identificazione di composti inibitori degli aggregati proteici, possono solo sperare di rallentare lo sviluppo della malattia. Altre possibilità, in qualche caso già utilizzate, derivano dall’uso di terapie ormonali sostitutive e di antiinfiammatori non steoridei.
Tuttavia, finora, le demenze rimangono malattie non curabili. Inoltre normalmente il trattamento inizia solo dopo la manifestazione dei sintomi clinici, che ancora oggi costituiscono la base più comune per la diagnosi, e quindi quando i danni neurali sono già consistenti.
In generale, le persone affette da demenza hanno una aspettativa di vita più breve, stimata in circa otto anni dal momento della diagnosi (per l’Alzheimer il periodo si allunga fino ai 20 anni), anche se la morte sopraggiunge solitamente per altre complicazioni dello stato di salute dell’individuo. Questo fornirebbe una finestra terapeutica sufficientemente ampia.
Inoltre, dato che l’insorgenza della malattia è generalmente in età avanzata, anche un trattamento che riuscisse a contenerne lo sviluppo efficacemente per un certo numero di anni costituirebbe già un contributo notevole alla sopravvivenza e al benessere dei pazienti.
Stati di depressione, ansia, cambiamenti della personalità, irritabilità, sono tutti disturbi che accompagnano il progredire della demenza, e si manifestano nel 90 per cento dei pazienti. Nelle fasi precoci della demenza, addirittura, questa viene spesso scambiata per una condizione di depressione, e quindi esiste una stretta correlazione tra queste due forme di malattia mentale.
Per questo viene consigliato anche l’uso di antidepressivi.

a cura dell’Infermiera Roberta

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