Il numero degli anziani sta crescendo esponenzialmente, sia nei Paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo: si calcola che nel 2050 la percentuale di persone sopra i 65 anni nei Paesi sviluppati crescerà dall’attuale 17,5% a oltre il 36% e il numero di soggetti ultraottantenni aumenterà di tre volte. E se il 20% circa della popolazione adulta soffre di dolore cronico, la quota di anziani che ne è afflitta è ancora maggiore: tra gli over 60 che vivono in famiglia, una percentuale che varia dal 25% al 50%, a seconda degli studi, soffre di dolori che interferiscono con le normali attività quotidiane.

Sebbene la sensibilità al dolore possa essere ridotta nelle età più avanzate, ciò non significa che il dolore sia assente: è importante ricordare che fenomeni psicologici età-correlati, quali la perdita della famiglia e degli amici e la perdita di indipendenza, possono contribuire all’insorgenza di sofferenza e dolore. Inoltre, altre condizioni quali fatigue, depressione, ansia, disturbi del sonno e deficit cognitivi, possono essere correlate al dolore o addirittura esserne la manifestazione.

Rispetto alla popolazione adulta più giovane, i soggetti anziani presentano con maggiore frequenza dolori cronici, che coinvolgono gli apparati muscolo-scheletrico, cardiovascolare e respiratorio; addirittura, oltre i 65 anni, il dolore osteoarticolare può essere presente in un soggetto su quattro.

Come valutarlo
La valutazione del dolore nell’anziano è complessa per la frequente concomitanza di condizioni cliniche cronicizzate, la presenza di più cause di dolore e l’assunzione di un certo numero di farmaci. L’uso delle scale di valutazione è poi complicato dal fatto che sono spesso presenti deficit sensoriali visivi e uditivi, oltre a disturbi cognitivi. D’altra parte, sappiamo che il dolore non trattato, oltre a modificare l’architettura del sonno ed essere associato a perdita di autonomia fisica, può anche aumentare il rischio che compaiano deficit cognitivi.
È assolutamente necessario, quindi, per non innescare un circolo vizioso tra il dolore e l’insorgenza di disturbi che ne sono essi stessi causa, formulare una diagnosi più accurata possibile e il più presto possibile instaurare una terapia adeguata.

Come trattarlo
La gestione del dolore nell’anziano costituisce una sfida non facile. La cura è tanto più efficace quando più tiene conto della fragilità di questi soggetti dovuta a un elevato numero di elementi quali salute fisica, stato cognitivo, stato psico-emozionale, stato funzionale, condizione socio-economica e ambiente di vita. A complicare ulteriormente la scelta terapeutica vi è il fatto che il paziente anziano tollera meno gli analgesici, gli antinfiammatori e alcuni agenti coadiuvanti, come gli antidepressivi triciclici, e il modo in cui l’età influenza diversi parametri di assorbimento ed eliminazione dei farmaci varia da un soggetto all’altro.
Fortunatamente, sebbene queste caratteristiche rendano alcuni farmaci assolutamente inappropriati nelle età avanzate, le possibilità di scelta sono vaste. Inoltre,esistono programmi multidisciplinari che combinano terapie farmacologiche e non farmacologiche e che si sono rivelati efficaci nella gestione del dolore di lunga data nell’anziano, presentando anche rischi minori.

Cure palliative: dal guarire al curare
“Palliativo” deriva dal latino “pallium”, cioè “mantello”, volendo così intendere un concetto di cura e di conforto nei confronti di un essere umano, nei momenti più tragici e delicati della sua esistenza. Le cure palliative infatti si occupano delle malattie inguaribili (specie quelle tumorali), che colpiscono con maggiore frequenza la popolazione anziana. Lo scopo da raggiungere è il miglioramento della qualità della vita specie nelle fasi terminali della malattia, ove il bisogno più impellente è l’assistenza. L’equipe è formata da medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, spirituali e volontari coordinati, se l’assistenza avviene nel domicilio, dal medico di famiglia. L’assistenza domiciliare è richiesta nell’ 80% delle persone, legate al proprio ambiente, ove mantengono i loro affetti più cari. Per il restante 20%, allorché le condizioni cliniche o abitative non dovessero permettere, c’è la possibilità di un ricovero presso strutture residenziali sanitarie chiamate “Hospice”.

Questi ambienti sono estremamente più confortevoli per il malato grave e per la sua famiglia, sia perché liberi dai vincoli di un reparto ospedaliero, sia perché sono costruiti a misura delle esigenze e del conforto del paziente.

Oggi le cure palliative coinvolgono più di 250.000 persone in Italia, ottenendo risultati lusinghieri. E’ un nuovo passo in avanti della solidarietà e della sensibilità del Servizio Sanitario Nazionale che va sostenuto anche nei momenti di recessione economica. Occorre ancora una volta l’attenta collaborazione del volontariato che opera sul territorio e che va sempre apprezzata e aiutata.

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